domenica 11 luglio 2010

articolo sul COSPLAY su LA REPUBBLICA

TENDENZE
Cosplayer, ossessione globale
Il Pop Jap, da Tokyo al mondo
Travestirsi da personaggi dei fumetti, dei videogame, dei cartoon e dei film (primo fra tutti "Guerre stellari"). Una moda giovanile nata negli anni Settanta nelle strade della capitale giapponese e esplosa grazie a internet anche nelle metropoli americane e europee
di JAIME D'ALESSANDRO

UN FENOMENO nato in Giappone poi fiorito quasi ovunque nel mondo, un libro realizzato grazie alla partecipazione di migliaia di appassionati sparsi fra Asia, Europa e Americhe, e un curatore diventato famoso sulla Rete ballando hit anni Settanta per le strade di Tokyo vestito da soldato della fanteria imperiale di Guerre Stellari. Otacool 2, appena uscito nelle librerie online per Kotobukiya (128 pagine, circa 28 euro), è un singolare concentrato di contemporaneità. O, se preferite, di follie al tempo del Web 2.0. Raccoglie foto e testimonianze di quel popolo sempre più numeroso che va sotto il nome di "cosplayer". Contrazione dei termini inglesi "costume" e "play", indica il desiderio di abbigliarsi come personaggi dei fumetti, dei videogame, dei film o dei cartoni animati, sfilando a fiere, eventi, e recitando a volte piccole scene. Sindrome di Peter Pan o arte dell'intrattenimento, secondo i punti di vista. Di sicuro un modo di appropriarsi di brandelli di immaginario collettivo vissuto altrimenti solo passivamente.

"Tutto è cominciato a Tokyo e dintorni alla fine degli anni Settanta, quando alcuni ragazzi presero a vestirsi come Lamù, protagonista di una serie animata" spiega con il suo accento toscano Francesca Dani, fra le cosplayer italiane più note. Poco meno di trent'anni, a capo di un'azienda di pelletteria con la sorella, qualche anno fa ha vinto il Cosplay Summit di Nagoya, una sorta di campionato mondiale, e ora alcune delle sue "interpretazioni" campeggiano fra le pagine di Otacool 2. "La moda però si è diffusa, anzi è esplosa, negli ultimi anni complice internet e le sue potenzialità" continua. "Fra i più bravi in assoluto ci sono i giapponesi, ma brasiliani e americani non sono da meno. E anche noi italiani ci difendiamo bene".

Ed è proprio di questo che parla Otacool 2, della diffusione di una pratica che furoreggia fra i ventenni negli Stati Uniti come a Singapore, in Messico, Australia, Polonia o Thailandia. Secondo volume di una serie di una collana dedicata alla cultura otaku, parola giapponese un tempo usata in maniera dispregiativa per definire chi dai giochi elettronici o dai manga è ossessionato, ora sfoggiata con orgoglio. Di qui otacool, altro neologismo frutto dell'unione di "otaku" e "cool". Cool, di successo, come il curatore del volume. Quel Danny Choo figlio di Jimmy Choo, stilista anglo-malese tanto amato dalle protagoniste di Sex and the City. Arrivato in Giappone nel 1999, Danny ha iniziato la sua brillante carriera come addetto ai siti web: Jal, Amazon, Microsoft. Dal 2007 ha un suo blog dove si parla di "action figures" (miniature) con tre milioni di utenti unici al mese. Un'enormità. Nel frattempo fornisce consulenze a compagnie del calibro di Google, Disney, Nhk, Mozilla, Bandai, continuando a danzare per le vie di Tokyo come cosplayer. E le sue performance su YouTube le hanno guardate in quasi quattro milioni. "Da piccolo impazziva per Guerre Stellari, ma mai avrei pensato che sarebbe diventato qualcuno vestendosi come i personaggi del film" ha confessato alla Cnn il padre. Quando l'abbiamo incontrato, alcuni mesi fa, Danny dava l'idea di essere un manager più che un semplice otaku.

Uno che ha un'idea molto chiara di come monetizzare le proprie passioni sfruttando la teoria della coda lunga ("long tail"), i mercati di nicchia che sulla Rete diventano di massa, e capace di passare dall'inglese al cinese, dal coreano al giapponese senza batter ciglio. Insomma, sarebbe una falsità sostenere che i cosplayer sono tutti come lui. "Bene che vada si viene inviatati in fiere importanti dedicate ai fumetti, dove i cosplayer sono una presenza fissa. Il nostro è solo un hobby che, salvo eccezioni, non fa guadagnare soldi", conferma Francesca Dani. "Anzi, direi di più: è un hobby relativamente costoso". Un vestito richiede dalle due settimane al mese di lavoro, per una spesa compresa fra i duecento e i millecinquecento euro. Ovviamente ci sono negozi online che vendono costumi già fatti. Ma non è il caso dei protagonisti di Otacool 2 scelti da Danny Choo. Quelli, a modo loro, sono professionisti del settore.
(11 luglio 2010)

http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/07/11/news/cosplayer_ossessione_globale_il_pop_jap_da_tokyo_al_mondo-5509770/?ref=HRERO-1#commenta

martedì 6 luglio 2010

Mostra Shunga

Inizio: giovedì 8 luglio 2010 alle ore 10.00
Fine: sabato 17 luglio 2010 alle ore 20.00
Luogo: TaglioVivo, Via A. Gritti, 6 Padova

Descrizione.Esposizione di riproduzioni di stampe giapponesi erotiche "shunga", dalle ore 11.00 alle 19.00.
Sabato 10 Luglio ore 19.00 Relazione: "Shunga: l'erotismo dell'estetica".
Ingresso libero
(by J Studio Events)